Buffon: "Pensavo che il lockdown mi spaccasse le ossa, invece dopo due settimane ero pronto"

2 Luglio 2020
- Di
Redazione JN
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BUFFON INSTAGRAM JUVENTUS CORONAVIRUS LOCKDOWN - Queste le parole di Gianluigi Buffon, portiere della Juventus, durante una diretta Instagram con la pagina di Randstad Italia.

Instagram, Buffon in diretta: sul calcio e la Juventus

"Penso che sia stata una cosa naturale, dettata dall’istinto e dall’interesse per ciò che smuoveva dentro di me il calcio. Per aggregazione con gli altri è chiaro che il giocare al calcio, l’unione, era incredibile, la palla è lo strumento più forte che potesse esistere. Io ho vissuto varie tappe della mia carriera che mi hanno fatto stare in questo mondo: inizialmente ti smuovono la passione e l’adrenalina, chiudere un cassetto che ti dice “ce l’ho fatta”. Nel momento in cui sono diventato un numero 1, questa passione è mutata in lavoro, in obbligo di non sfigurare e restare sempre al top, la parte ludica per 15 anni l’ho messa da parte. Questo piacere di migliorarmi ancora, di fare pace con la mia passione, con tutto ciò che mi aveva portato, avvicinato al mondo del calcio. Come se da vecchio stessi rivivendo le emozioni da giovanissimo. Questo è il segreto per il quale riesco ad andare avanti. Io continuo a giocare perché mi sento bene e sono competitivo, e poi voglio sempre migliorarmi. Ho ancora quel fuoco dentro di me".

Il rapporto con la sconfitta

"Purtroppo devo dire che soprattutto negli ultimi 12 anni di carriera ho goduto poco delle vittorie e ho pensato tanto alle sconfitte. Quando hai una propensione alla vittoria, vincere ti sembra la normalità. In quell’ottica lì le vittorie hanno poco sapore, ma rimane la frustrazione per la sconfitta. Devo cercare di far pace con questa cosa, altrimenti rischio di non smettere più. Se prendiamo un esame un momento di difficoltà, la mia risorsa principale è quella percentuale di follia che pensa che contraddistingua tutti gli uomini e me in particolare. Non ho paura di osare, mi do degli aut aut molto forti. Non ho paura di questa sfida estrema. Errore di campo? Mi disturba più adesso di quando ero ragazzo, è un discorso di coscienza acquisita. Mi disturba perché quando commetto un errore sono talmente autocritico che sembro quasi l’alunno che non accetta di prendere 29 anzichè 30 e mi girano le palle. Io nella mia carriera, nel 70% dei gol ho pensato di poter fare di più".

Sul suo aiuto ai giovani

"Penso che per aiutare i giovani, per chi fa un’esperienza come me, non puoi pretendere che loro facciano un passo verso di te, se non quello dovuto del rispetto, ma quello non mi interessa. Devi essere tu a trovare gli argomenti giusti per creare un’empatia: a volte mi comporto come un 15enne, un 20enne e mi guardano sbigottiti. Penso sia il modo migliore per instaurare il rapporto. Dopo questo l’esempio lo dai con il lavoro sul campo, lì acquisisci la forza ed il vero rispetto e nel momento in cui c’è qualcosa che non va, alzi un ditino e lo fai presenti. In determinati momenti ciò che vai a dire stimola la loro riflessione. Il cervello si può allenare, sicuramente si deve alla mia età continuare ad allenare il fisico in maniera continua. Performo al meglio nel momento in cui sto bene con la testa, al massimo. Su questo non ho dubbi: mi capitava a 20 anni e mi capiterà anche a 60, se continuassi a giocare fino a quella età. Io non posso stressare il mio fisico alla mia età, mi alleno sempre. Il lockdown pensavo mi spaccasse le ossa ma dopo una settimana ero pronto ad una risposta. La testa incide".

Quali qualità servono per fare il calciatore

"Si deve partire da delle basi e doti che Madre Natura ti deve dare, però inevitabilmente non basta quello sennò il mondo sarebbe pieno di sportivi del massimo livello. Il voler migliorare se stessi e non mettersi limiti – che non è un discorso presuntuoso – è importante. Io a quasi 43 anni sogno e così mi sento leggero, e si deve mantenere però con i piedi per terra: io voglio arrivare là e ci arriverò solo che devo sapere di dover lavorare per farlo. L’autocritica è fondamentale per andare avanti. Un’altra cosa importante è quella di stimolare i compagni in modo costruttivo, facendosi voler bene che non vuol dire essere accondiscendenti ma essere trasparente e autorevole. Poi i compagni ti aiutano con il cuore nel momento di difficoltà".

Sul suo futuro dopo l'addio al calcio

"Non c’ho pensato, ho veramente il focus su quello che sto facendo e non potrebbe essere altrimenti. Io non voglio permettermi di non rimanere concentrato sul mio presente. Poi di sicuro mi prenderò un anno sabbatico ma di formazione, con la mia famiglia ma nel quale vorrei chiudere alcuni cassetti: prendere la maturità perché i miei genitori mi rompono le scatole giustamente. Poi vorrei imparare bene l’inglese, il francese lo so benissimo. Poi tante cose di formazioni. Io sto bene fondamentalmente con tre cose: stare bene con i miei cari, quando prendo zero gol e terzo, sono felice quando imparo qualcosa, mi sento rinato. Veramente sembra come se innaffiassi una piantina per farla crescere".

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